martedì 16 giugno 2009

Testi di: Marco Maria Gazzano, Enrico Cocuccioni, Eloisa Saldari, Veronica D'Auria, Alessandra Troncone

Marco Maria GazzanoSegnali di vita dal pianeta terra
Lino Strangis è – oggi – un trentenne appassionato. Artista colto e anche un po’ filosofo, come – oggi – dovrebbe essere per tutti coloro che si misurano con il complesso e vario universo delle “arti”, Strangis è al tempo stesso compositore e videasta, cinéphile e fotografo, “designer” della visione e attivista web: un “artigiano” multimediale capace di misurarsi (espressivamente, qualitativamente) sia con l’intermedialità che con le eredità della storia, sia con la manualità che con gli obbiettivi, le macchine da presa e le tastiere. E, ovviamente, con le sfide ancora aperte del presente.Le sue opere ci parlano con grande attenzione alla forma, sia dell’immagine che del suono; con grande cura nella costruzione degli eventi, di grande energia negli interventi cromatici e spazio-temporali sulle sequenze: riprese da egli stesso o “strappate” dal web con un originale e seducente atto performativo di riconsiderazione di immagini e/o micro sequenze apparentemente banali o apparente in-significanti o semplicemente sottese ad altre considerate più “importanti” nelle convenzioni e per gli stereotipi dei media.Le sue immagini – per di più – sono correttamente, propriamente “immagini-suono”.Strangis lo sa, l’audiovisione non è solo un’evocazione teorica, ma una pratica tecnologica ed espressiva specifica: la parola, se serve, va usata poco, come immagine tra le immagini. Per questo egli parte sempre dalla “faccia” sonora delle immagini elettroniche, coniugandola poi (ma il processo compositivo è quasi istantaneo, coesistente nella progettazione concettuale come nella pratica “videoartigiana” dell’artista) con la dimensione del visibile, del colore e delle temporalità; sempre ri-costruite, non naturalisticamente, grazie alle tecniche di post-produzione numerica.La natura fotografica (e compositiva in senso musicale) delle sue videografie è evidente: anche quando si tratta di immagini “di ritorno”: che ci ri-appaiono nelle sequenze animate e nelle videoinstallazioni (sempre più spesso video sculture ambientali) dopo il lungo viaggio mentale con il quale l’autore le ha accompagnate – quasi immergendole a una a una – nel flusso vivificatore del cinema, ma anche delle storie dell’arte come di quelle della videoarte.Di qui le ascendenze, riconoscibili e non ingenue – e proprio per questo funzionali – punto fermo per viaggi ulteriori nella conoscenza di sé: le video cartoline romane di Sasso in Visioni di un mezzogiorno (in “Videocarillon” III tipo, n. 4; del 2007), le nebbie inquietanti e metaforiche di Antonioni in Posologia del pericolo (2008), i rallentamenti e le trasparenze temporali di Cahen evocate dalla giovane danzatrice nella leggiadria e nell’intensità poetica di Autopoiesis activity (2008), la natura innaturale di Fontana e Burri nella plasticità aerea del volo degli storni su Roma in Sky-noise…armonie del caos (2008) o nel fiume, metafora classica del Tempo, ripreso dall’alto, colorato di sangue e tagliato da una canoa come da un rasoio di For ever Sunset…eternal trip of Time (2008), le accelerazioni parossistiche e i contemporanei rallentamenti nel ritmo frenetico degli abitanti ormai spersonalizzati nelle metropoli di Reggio in La città che sale e scende (dalla trilogia “Città oltre…il corpo liquido dell’urbe” del 2008/2009)… Senza dimenticare le nature morte disturbanti e ibernate di White Time of Life (2009) estese nell’eternità dagli interstizi del web. Tante evocazioni quanto i moltissimi video della produzione di Strangis: ma mai “citazioni” accademiche; piuttosto punti di partenza, incipit per nuove scritture, intermittenze del cuore semmai e –sempre – atti d’amore per gli autori e i critici amati da un autore – appunto – innamorato dell’arte.Innamorato dell’arte ma anche della funzione sociale dell’arte.Che si occupa del tempo non lineare e della teoria del caos, dell’identità multipla del soggetto come dei processi metaforici che sovrintendono alle pratiche espressive, che condivide il pessimismo illuminista di Baudrillard e il radicalismo no logo di Naomi Klein, le posizioni della Sontag e di Barthes sulla fotografia come istante di vita: ma anche capace di porsi istanze non solo esteticamente ma eticamente sensibili. Sull’ecologia (dello Spirito, della Natura e dei Media); così come sui marginali della società nell’impegnativo progetto La Voce degli Inascoltabili (2009) nel quale i corpi degli intervistati raccontano storie di vita dura immersi nella luce: ma senza riuscire a farsi capire da noi, distratti e teledipendenti “videoascoltatori”.Nei suoi “segnali dal pianeta Terra” Strangis si pone domande filosofiche alte e, come per tutti, non gli basterà una vita di ricerca per trovare le risposte. La stessa estrema prolificità del suo lavoro, la stessa scelta di opere brevi e intense come istanti di tensione (magari estesi a “loop” nelle successive videoinstallazioni) dichiara sia l’amore autentico per la ricerca che l’insoddisfazione – la quale gli fa onore, come a ogni autentico artista – per i risultati.È comunque importante ascoltarlo: perché non è usuale per un artista dopo il 2001 (“giovane” come vuole la moda e la retorica dei media e del potere oggi) farsi queste domande e porsi tali questioni.«Sono un accanito sostenitore delle enormi potenzialità aperte dalle tecnologie in ogni campo della conoscenza, compresa ovviamente l’arte» (…) «Alla continua evoluzione delle tecnologie non equivale più affatto un progresso del pensiero» (…) «Viviamo anzi una fase fortemente reazionaria e di grande immobilismo culturale» (…) «Ciò che ricerco è la natura profonda dell’audiovisione elettronica ed in fondo la natura della natura stessa: la mia ricerca è in primo luogo rivolta alla verità che è in tutte le cose e quindi alla condizione dell’uomo all’interno dell’esistente tutto» (…) «Il mio strumento poetico principale è l’alterazione della cosi detta visione naturale (…) ecco perché uso sempre tanti effetti di ri-colorazione, ristrutturazione, ri-modellizzazione del dato “reale” che raccolgo: la mutazione, il movimento, la motilità e la variazione della percezione ci “suggeriscono” che lo stesso concetto di realtà va superato, che la stessa idea di questa non è che la storica presunzione dell’uomo occidentale di essere soggetto principe del mondo, di detenere la visione esatta delle cose» (…) «Bisogna prima di tutto minare alla base l’idea diffusa di ciò che si vede in televisione sia la realtà (…) per questo le mie audiovisione dichiarano al contrario immediatamente il loro essere finzione e proprio in quanto tali acquisiscono valore di verità, una verità relativa esclusivamente al contesto spaziale e mentale che riescono ad interessare con la loro presenza».Dichiarazioni impegnative, ardenti addirittura: non solo da “giovane artista”, ma da cittadino consapevole; il quale – nel paesaggio di macerie che i circonda dopo il “delitto perfetto” compiuto dal potere con l’uso cinico dei media contro la realtà- ancora intravede una prospettiva di progresso; non che le videografie, le installazioni, le fotografie digitali o le musiche di Strangis siano dichiaratamente “politiche”. Non lo sono affatto, anzi, astratte, leggere e fluide qual sono. Ma – come ogni antidoto immesso nel corpo sociale della comunicazione –anche le forme brevi di questo autore contribuiscono a svelare, anche agli ignavi e ai distratti, che una resistenza all’azzeramento della comunicazione indotto dall’eccesso di comunicazione, è ancora possibile.
Enrico CocuccioniVideometafore nel tempo della crisi
Il tempo della crisi nell’arte si manifesta con alcuni significativi cambiamenti nelle forme della rappresentazione. Crisi del supposto realismo che caratterizzava il culto della fotografiadocumento.Crisi dell’idea di flusso in tempo reale, o della presa diretta dei media tecnologici sulla quotidianità, con la relativa attribuzione metaforica ai linguaggi elettronici del video di una connotazione “liquida” contrapposta alla relativa “solidità”, o durata nel tempo, ascrivibile alle altre forme d’espressione plastico-visuali (fotografia compresa). Ma anche crisi, sul fronte dei nuovi media digitali, di quel mito dell’immaterialità e della totale virtualizzazione dell’esperienza che ha permeato l’enfasi “postumana” tipica dell’arte degli anni ‘90 del secolo scorso. Ora invece appare evidente che la stessa fotografia, con la diffusione ormai ad ogni livello delle tecniche digitali, diventa essa stessa una materia espressiva plasmabile a volontà, totalmente manipolabile con i programmi informatici. Per altro verso, il flusso video non può che subire una letterale segmentazione numerica, un processo analitico di campionamento e dunque di relativa “solidificazione” compositiva e riproduttiva. Avviene così un conseguente rilancio della fase del montaggio, della rielaborazione postuma delle immagini rispetto al momento iniziale della ripresa. Non più flusso ininterrotto, dunque, bensì ‘animazione’, per così dire, di singoli quadri disposti su più livelli compositivi stratificati. Infine, sul fronte del virtuale, l’idea stessa di immaterialità cambia di segno proprio nel momento in cui si pone l’accento su di una sfera sensoriale sempre più avvolgente e tangibile, tale da configurare veri e propri ambienti concreti, installazioni che hanno una evidente consistenza “plastico-scultorea”. La manipolazione digitale del video, quindi, non elimina ma anzi, in qualche misura, rafforza il suo statuto di “oggetto”, di entità talora persino ingombrante, in grado cioè di occupare un luogo preesistente e di modificarne l’impatto sensoriale, aprendo lo spazio a ulteriori significazioni. Il lavoro di Lino Strangis tiene conto della distanza storica che ormai ci separa dalle prime ricerche videoartistiche. Le sue opere seguono la vocazione compositiva di un processo metaforico che tiene ben presente questo nuovo contesto dell’arte. Rispetto ad un frenetico e regressivo “pseudo realismo” con cui si affrontano in genere le nuove tecniche della rappresentazione nell’attuale orizzonte mediatico, Strangis sceglie apertamente altre strade, in quanto autore consapevole dello scarto esistente tra la concretezza di ogni artefatto figurale e la vivida evanescenza delle immagini mentali.Un lavoro che investe nello stesso tempo, e con analoghi procedimenti compositivi, sia il campo della visione che l’immersione sonora dell’ascolto.“Musica per gli occhi” e “fotografie animate” in un medesimo spazio plastico e performativo, come suggerisce lo stesso artista. L’opera mette in scena la continuità di un’esperienza che non prevede i tipici salti temporali del montaggio cinematografico, ma che neppure pretende di offrirsi come “presa diretta” sulla realtà, come fosse la semplice registrazione in tempo reale di un evento. La distanza critica che il lavoro di Strangis assume rispetto alle odierne ideologie della trasparenza mediatica, non potrebbe infatti essere segnalata con maggiore chiarezza. Alla velocità, alla incessante “variabilità” delle immagini televisive, l’artista spesso contrappone la lentezza delle sequenze, la “serialità iterativa” degli elementi figurali anche all’interno delle singole inquadrature. Ciò talora configura una sorta di mosaico, di tessitura modulare che suddivide la superficie dello schermo producendo effetti percettivi stranianti. Allo sviluppo narrativo lineare, Strangis preferisce la circolarità ricorsiva, il tempo ciclico delle sequenze “ad anello” che si offrono allo sguardo mobile dello spettatore nello spazio scenico delle sue installazioni. In estrema sintesi, il processo metaforico che è alla base di queste opere si propone oggi, nel tempo della crisi, come un pensiero critico in azione, antitetico rispetto alle modalità tipiche della odierna rappresentazione televisiva del “mondo”, capace anche di riprendere il filo di una ricerca espressiva che ha trovato illustri precursori nel secolo scorso, ma che ora può suggerire nuovi percorsi verso territori dell’arte ancora inesplorati.
Eloisa SaldariOltre lo spazio ed il tempo
Quando ho visto per la prima volta un video di Lino Strangis ho avuto la sensazione di essere avvolta da un’onda di moltitudini. Come in una visione simultanea i suoi lavori mostrano un variegato mosaico di mondi pensabili e inimmaginabili. “Se questo è il migliore dei mondi possibili, allora dove sono gli altri?”1 sembra chiedersi Strangis quasi incarnasse un moderno Candide voltairiano.La realtà, nella sua apparente oggettività e veridicità, nasconde una natura artefatta, spesso ingannevole.Con i suoi video Lino Strangis sembra voler aprire una finestra su un altro mondo scevro dai condizionamenti e dalle costruzioni umane. La manipolazione di immagini, figure e forme, prese in prestito al mondo reale o virtuale, rivela un insaziabile desiderio di sconfinare in una realtà altra. Nei suoi video astrae e costruisce il mondo, pensa e crea realtà alternative che sembrano manifestarsi oltre i confini spazio-temporali conosciuti. Il tempo corre su binari circolari e la storia si ripete all’infinito in altre dimensioni e in differenti realtà.Il passato, il presente ed il futuro accadono nello stesso momento in universi simultanei che esistono sincronicamente gli uni negli altri, come in gioco di scatole cinesi. Allora tutto è possibile sembra dirci Strangis, anche incontrare una copia spettrale di noi stessi che esiste in un altro tempo e in un’altra dimensione.Nei video di Strangis convergono le influenze del mondo reale e virtuale.I personaggi di One Moment, ad esempio, sembrano seguire le orme dei protagonisti dei romanzi di Jonathan Carroll o dei film di David Lynch. Come in Lost Highways e in Mulholland Drive gli inconsapevoli attori scelti da Strangis camminano lungo un percorso tutt’altro che lineare. Abbattono le barriere spaziotemporali e migrano da una dimensione ad un’altra come seguissero l’andamento del nastro di Möbius.Non troppo distante dall’Escher dalle diverse versioni della Striscia di Möbius e da Salita e discesa, Lino Strangis sembra seguire la logica del nastro.La città che sale e scende, pur richiamando l’opera futurista di Boccioni, mostra di aver assorbito la lezione escheriana. L’immagine doppia e speculare della città, scandita dal movimento delle auto, ricorda, nell’andamento ascensionale e discensionale, il movimento dei monaci che, nell’opera di Escher, salgono e scendono in un ciclo infinito.Sembra quasi di entrare nella bizzarra logica di un paradosso.Lino Strangis pone l’accento su temi che ancora oggi appaiono irrisolti e che, in quanto eterni, tormentano non solo artisti, ma anche filosofi e scienziati. Il rapporto tra il reale e la sua rappresentazione, il tempo e lo spazio, ripetizione e unicità, finito e infinito sono solo alcuni degli aspetti toccati da Strangis. Le sue opere-video sono superfici specchianti che riflettono il mondo visibile ed invisibile. Come affermava Escher nel 1952 “La nostra conoscenza è molto limitata, conosciamo soltanto una parte minuscola del mondo in cui viviamo”2.Strangis svela una realtà che si ripete all’infinito, ora uguale e ora diversa da se stessa, quale soggetto di un gioco di specchi che posti gli uni di fronte agli altri raddoppiano senza fine l’immagine riflessa, in eterno. Ma allora, forse, “realtà è soltanto una parola”3 per il protagonista di Multy Identity Man. Moderno Narciso che si specchia nelle acque dell’inconscio, il giovane incrementa la sua presenza senza alcun controllo. In un gioco caleidoscopico l’uomo del video si moltiplica per ascoltare il suono dell’orchestra del suo io. Le sue personalità convivono.“Ognuno di noi è più di uno”, scrisse Pessoa, “è molti, è una prolissità di se stesso”4. Identico eppur così diverso da sé, l’uomo mostra le sue identità multiple che si guardano, si osservano, si scorgono, ma non si conoscono.Nasce un mondo interiore sfaccettato e indecifrabile dove, come in una composizione frattale, l’uno è il tutto e il tutto uno.Strangis mostra il totale nel particolare e il particolare nel totale. Lo fa scrutando i differenti gradi umorali dell’uomo, ma ci riesce anche scomponendo e ricomponendo la realtà. Non si accontenta di mostrarci un singolo individuo, un’unica realtà: usa tutti i mezzi che la tecnologia pone a sua disposizione per dimostrarci che i punti di vista sono infiniti.Mettendo a dura prova le capacità percettive dello spettatore Lino Strangis gioca con la realtà riproponendola da ogni prospettiva possibile. Ingrandite,ridotte, ravvicinate, rallentate o velocizzate, le immagini del mondo si mostrano contemporaneamente. In No Gravity Match on the World Strangis svela simultaneamente i profili esistenti dello stesso evento. I giocatori di rugby, come eserciti che si scontrano su un campo di battaglia, gareggiano sul terreno da gioco. I corpi si scontrano, si accavallano, si sovrastano, creando a volte composizioni circolari che si sovrappongono alla forma stessa del pianeta Terra. Strangis svela il conflitto, il braccio di ferro tra l’individuo e il mondo che sempre di più si piega al volere e al potere dell’uomo. Ed ecco che la Terra diventa campo di azione e oggetto di contesa allo stesso tempo.Lino Strangis scruta il mondo e le sue realtà. Ne preleva le immagini e le stravolge per edificare un ordine sconosciuto. Altera lo spazio comune e pone lo sguardo su un cosmo dove nulla può accadere una sola volta e tutto quel che esiste è già avvenuto e occorrerà nuovamente. Il mondo non è che un microcosmo, sembra dirci Strangis, un simbolico specchio dell’universo.

1 Voltaire, Candide, Mondadori2 M. C. Escher, Nell’occhio di Escher, Electa, Milano, 20043 W. Shakespeare, La Tempesta, Mondadori4 F. Pessoa, Il poeta è un fingitore, Feltrinelli
Veronica D’AuriaLino Strangis... Rabdomante dell'oltreHo sempre avuto l’impressione che Lino Strangis riuscisse a vedere, ma in generale a percepire, qualcosa che a tutti gli altri sfuggiva, ho avuto la conferma di questo avendo la possibilità di assistere e partecipare alle varie fasi del suo lavoro (dalle riprese alla post-produzione alla composizione sonora) e attraverso questo ho potuto avere un punto di vista nuovo, diverso delle cose. Girando con lui ho riscoperto il fascino delle cose trascurate, degli enti che popolano il nostro mondo che troppo spesso sono invisibili agli occhi dei “passanti”.Sono entrata con lui nel micromondo delle formiche e delle api, ho visto scorrere paesaggi, fiumi, alberi e cieli, ho assistito al fluire di uomini e macchine con occhi nuovi e ho potuto rivederli ancora, sempre diversi, in quella scatola luminosa che accoglie le visioni del mondo e non solo.Prestare attenzione al mondo che ci circonda e di cui siamo parte, ai meccanismi che lo regolano, ai fenomeni e agli enti che lo popolano alla ricerca di nullaltro se non della conoscenza, delle relazioni profonde per il piacere della scoperta con la certezza però che nulla è conoscibile nella sua totalità e che la nostra visione del mondo è condizionata prima di tutto dai nostri organi di senso e in secondo luogo, ma non meno importante, dalla cultura di cui siamo impregnati che in tanti secoli si è costituita. Lino è riuscito a farmi capire ed a farmi vedere attraverso le sue audiovisioni che il nostro è solo uno sguardo possibile nel e del mondo e che ogni essere vivente percepisce la “realtà” in maniera differente perché ha degli apparati percettivi differenti, si pensi alla visione notturna dei pipistrelli o alla percezione spaziotemporale delle mosche. La ricostruzione della realtà che ogni ente opera attraverso i sensi, e quindi l’idea del mondo che ne consegue, deriva dalla propria e singolare costituzione e dai condizionamenti culturali con cui si viene a contatto. La visione occidentale omocentrica, spinta inoltre dal capitale al solo consumo delle cose riducendole a meri mezzi, ha fatto perdere all’uomo la relazione con la natura e con essa il suo stesso “essere” nel mondo. Tornando ad osservare gli esseri ed i moti della natura ci si riavvicina al proprio essere e si comprendono modalità e meccaniche che guidano tutte le cose.Catturando un breve evento, un fenomeno, un frammento di realtà Lino, attraverso il punto di vista e l’inquadratura (operando sullo spazio), i filtri (che come dichiara il nome hanno la proprietà di mutare la realtà e/o la percezione di essa) e modulando il tempo, riesce a far apparire ciò che è quotidiano o comunque “già visto” diverso, altro, svelando aspetti altrimenti invisibili e, oltre a condurci in questa esperienza nell’oltre, riesce a farci riflettere.I suoi “quadri audiovisivi” nascono da una traccia video di partenza che non dura più che pochi secondi e “l’opera finale è il frutto degli sviluppi formali e concettuali delle visioni raccolte” La dimensione concettuale viene costruita quindi a partire dalla rielaborazione dell’evento catturato (e quindi estrapolato dal suo contesto), inteso come processo, momento-movimento chiave che diviene attraverso una ricerca cinetica e spazio/temporale metafora, emblema di una situazione altra, esistenziale relativa all’uomo (affrontando questioni ancestrali –chi siamo, dove andiamo- come quelle più attuali –sistemi di potere e suoi strumenti di attuazione) e/o agli audiovisi riflettendo sulla loro materia, sui loro strumenti e sui loro usi.L’autore stesso dichiara “non mi interessa raccontare storie ma creare processi che propongono concetti in forma di metafora”, Strangis sviluppa una ricerca estetico formale sofisticata e coinvolgente assegnando proprio a quegli elementi “spesso degradati dai linguaggi dell’industria a vuota decorazione” il compito di “costruire il senso” di cui il titolo dell’opera costituisce una delle chiavi d’interpretazione offerte dall’artista.Le alterazioni operate sono quindi veri e propri “veicoli di senso”; per far ciò egli utilizza gli strumenti stessi dell’audiovisione (andando ad agire sulla percezione) e la scatola luminosa che non smette di animare con videopresenze, eventi quasi banali trasformati in epifanie. Utilizzando il loop l’artista “mette” nel-al mondo delle presenze altre rendendole “reali”, facendole così processarsi nello spaziotempo (tendenzialmente) all’infinito.Quelle che Strangis ci offre sono “singole esperienze da vivere fino in fondo”, non gli interessa affatto “ammassare gli impulsi per confondere ma concentrarli per scuotere”.In questo si contrappone fortemente al carattere tipico della televisione odierna, vittima del potere e del sistema di consumo. Come egli stesso riferisce “la televisione ci bombarda di immagini e suoni in velocissima ed ininterrotta sequenza, le percezioni e le informazioni vengono e vanno così velocemente da non lasciare il naturale tempo di elaborazione, sono così svuotate del loro valore di esperienza vissuta”, le sue opere sono invece “eventi singoli e permanenti” (dato che sono progettate per andare in loop e stabilire quindi una presenza continuativa nello spazio e nel tempo) dal potente carattere ipnotico… Il senso infatti quasi sempre emerge in un secondo momento mentre sulle prime agisce un coinvolgimento prettamente sensoriale dato da un mix di immagini dal forte carattere evocativo in “reazione chimica” con ambientazioni sonore fortemente psicoattive che riescono a far vibrare zone remote della mente.Un carattere fondamentale del suo operare è inoltre la relazione che instaura con il luogo, con l’ambiente che entra a far parte dell’opera stessa contribuendone alla costruzione di senso. Questo avviene sia nel caso in cui l’artista cattura immagini e suoni dal luogo dove andrà ad installare l’opera (intessendo poi relazioni tra le due “realtà”) sia coinvolgendo lo spazio all’interno dell’opera, avvolgendolo con i suoi suoni “spaziali” e con le luci delle sue “visioni”. Strangis crea degli ambienti in cui immergersi totalmente, in cui le audiovisioni si espandono generando una dimensione totalmente altra.Sono grata a Lino che, nonostante le mille difficoltà che ha dovuto affrontare nel suo cammino (e vi assicuro sono state tante), ha deciso di continuare questa difficile strada continuando a regalarci le sue esperienze audiovisive capaci di aprire alcune delle porte più inaccessibili della mente e della conoscenza.
Alessandra Troncone
Audiovisivi e audiovisioni nell’opera di Lino Strangis

Ci sono due componenti distinte ma complementari nel lavoro di Lino Strangis, cui sono legati diversi livelli di lettura e di fruizione: l’uso del video - con tutti processi che concorrono alla sua realizzazione e manipolazione – e il luogo concepito per presentarlo o, meglio, per ospitarlo. Anche la mostra personale di Lino pensata per la Sala 1 insiste su questo duplice aspetto, rispettando il modus operandi dell’artista che è andato consolidandosi negli ultimi anni: lo spazio della galleria è trasformato in un’insolita camping area, con le tende chiamate a fare da architetture/contenitori per i video esposti.Un’occupazione pacifica che richiama quelle – forse meno pacifiche – che hanno costituito il quid di progetti quali Segnali Viandanti e Video Art Mini-Store e che erano già in nuce nella mostra Presenze video-soniche al Castello della Cervelletta. Un’indagine sui luoghi che si sposa perfettamente con quella che è la poetica di Lino, fondata sulle modalità di percezione in relazione al contesto e all’esperienza soggettiva.Proprio al Castello della Cervelletta - dove ho avuto modo di vedere per la prima volta un lavoro di Lino installato - il messaggio del video si ampliava grazie allo spazio circostante, un sotterraneo scelto in qualità di metafora della sterilità di un approccio al mondo unilaterale. Il luogo angusto, privo di aria e luce, trovava sfogo grazie al Video-Carillon situato nella nicchia, trait d’union con l’esterno e occasione per guardare oltre.Anche La voce degli inascoltabili, presentato proprio dove gli inascoltabili protagonisti vivono e si confrontano con i quotidiani problemi di un’esistenza disagiata, riproponeva l’immediato rapporto tra contenuto e contenitore: immedesimandosi nello stesso stile di vita degli occupanti, l’artista ha lavorato per restituire un affresco sonoro e visivo che ancora una volta mostrava l’inossidabile legame con il luogo in cui era stato concepito ed installato.La volontà di andare al di là dello sguardo ordinario è leit-motiv presente tanto nella realizzazione dei video che nella scelta dei contenitori atti ad accoglierli; basti pensare al progetto Video Art Mini-Store, dove l’arte portata negli spazi commerciali si insinuava nella vita di spettatori occasionali e ignari passanti, chiamati a soffermarsi sulla bellezza del volo di rondini protagonista dell'installazione audiovisiva monocanale Sky-Noise… Armonie del caos.La ricerca dunque sui processi metaforici che dà il titolo a questa nuova mostra prende strade differenti che si incrociano in più punti, contribuendo a costruire una complessità di fondo che non perde però la sua immediatezza percettiva.Alla base di tutto ciò c’è la forte consapevolezza da parte dell’artista di voler operare sulla realtà, sia essa un paesaggio naturale che uno scenario metropolitano. L’intento non è quello di restituirla fedelmente, quanto piuttosto di suggerire una propria interpretazione tramite il mezzo stesso, che va poi a completarsi con la ricezione da parte dello spettatore.È per questo motivo che la postproduzione assume un ruolo fondamentale nel processo di costruzione di senso; il montaggio – ma anche la rielaborazione digitale di suoni e immagini – ritrova la sua natura intrinsecamente politico-sociale, facendo da filtro rispetto a quella che è la semplice resa del reale. Un procedimento che non solo lega il lavoro di Lino alla forza sovversiva delle ricerche delle prime Avanguardie ma lo colloca di diritto nella rosa di artisti schierati da Nicolas Bourriaud nel suo Post-production, dall’emblematico sottotitolo di Come l’arte riprogramma il mondo. Anche Lino Strangis è un websurfer, anzi, un tvsurfer, un moviesurfer, un realitysurfer. È un semionauta nel suo incessante muoversi tra segni e canali diversi, estrapolando ciò che gli serve per offrire la propria (audio)visione del mondo. I suoi video sono così non narrativi ma evocativi di una data contingenza spazio-temporale, che si protrae nell’esperienza grazie a tracce è anche la complessità insita nell’opera, oltre a porsi come motivo di riflessione sulla convivenza dei concetti di temporaneo e permanente.Nella scelta dei ‘contenitori’ viene così reiterato il senso delle operazioni svolte in fase di elaborazione e postproduzione dei suoi video: gli interventi sul dato reale appaiono tanto nel prodotto che nel suo contesto.È dalla conoscenza degli strumenti audiovisivi che Lino Strangis crea le sue audiovisioni; al sito o struttura spetta il compito di amplificare la potenza di un messaggio già chiaramente implicito nel mezzo.sonore ipnotiche che sottolineano o alle volte contrastano la componente puramente visiva. Come in Posologia del pericolo, dove la traccia audio incalza incrementando l’attesa per qualcosa che non arriverà, snaturando la funzione della soundtrack cinematografica concepita di solito per dare risalto all’azione.Le metafore di Lino Strangis si fanno motivo di riflessione su tematiche che investono l’identità e la relazione con l’altro, presentate in forma sfaccettata come nel recente Multi-identity man: alla frammentazione del soggetto corrispondono altrettante stratificazioni di significato ed altrettante percezioni del soggetto stesso, presentate in simultanea in immagini che vedono un contemporaneo uomo vitruviano immerso nei colori acidi delle alterazioni digitali. Alla metafora della molteplicità insita nell’unicum si associa quella della transitorietà del passaggio umano in One moment, visivamente espressa dall’inarrestabile viavai nella stazione Termini, ed entrambe sembrano poi convergere nella metafora che ha per oggetto gli infiniti e complessi cicli di vita, condensati nel video Breve tempo di morte e di vita. Installato di recente in un igloo, quest’ultimo lavoro diviene ulteriore esempio del rapporto con lo spazio e dell’importanza che esso assume nel processo di attribuzione di senso. “Congelato” nella struttura polare, il fossile di Lino sta lì ad identificare quella stratificazione che è anche la complessità insita nell’opera, oltre a porsi come motivo di riflessione sulla convivenza dei concetti di temporaneo e permanente.Nella scelta dei ‘contenitori’ viene così reiterato il senso delle operazioni svolte in fase di elaborazione e postproduzione dei suoi video: gli interventi sul dato reale appaiono tanto nel prodotto che nel suo contesto.È dalla conoscenza degli strumenti audiovisivi che Lino Strangis crea le sue audiovisioni; al sito o struttura spetta il compito di amplificare la potenza di un messaggio già chiaramente implicito nel mezzo.

Mostre

2008

Lino Strangis


Video Art Mini-Store

Videobuco


A cura di Veronica D’Auria


Inaugurazione giovedì 11 Dicembre 2008


Prosegue il tour romano V.A.M.S. (Video Art Mini-Store) progetto di Public Art in progress di Lino Strangis, giovane artista e compositore residente a Roma attivo nel campo delle arti multimediali digitali ed in particolar modo dedicato a videoinstallazioni, sound art e musica elettronica di ricerca. Ne è caratteristica peculiare l’accordo con esercizi privati dei più diversi generi convertiti in spazi espositivi accogliendo nella loro quotidianità quelle che l’autore chiama “installazioni minime” le quali vanno a costituire un’opera/progetto “progressiva e pluricellulare”. L’idea di fondo è quella di porre in questi luoghi dell’attesa, spazi pubblici di transizione e inter-relazione delle installazioni audiovisive realizzate a partire da riprese di eventi quotidiani della città ai quali di solito, presi nel turbine della metropoli odierna, non si riesce a dedicare la giusta attenzione e/o delle audiovisioni che sono metafora di questo modo di percepire.


Se finora l’evento ha coinvolto esercizi commerciali dei più diversi generi e si è rivolto in particolare ai loro avventori occasionali, alla popolazione nel senso più ampio del termine (oltre a voler richiamare l’attenzione degli specialisti, cercando di portarli fuori dal circuito tradizionale) in questa occasione è stato scelto Videobuco, storica videoteca specializzata in cinema sperimentale e di ricerca, che per le sue peculiarità attrae una clientela interessata ed appassionata agli audiovisivi e che, di conseguenza, ha una formazione ed educazione ai linguaggi dell’audiovisione. “Ciò che ci interessa in questa circostanza è venire in contatto con questo pubblico di amatori a metà tra il pubblico specializzato e quello di passaggio.”


Questa tappa inaugura inoltre una nuova installazione audiovisiva One moment in cui un momento transitorio, un luogo di passaggio, la stazione ferroviaria di Roma Termini (a pochi passi dal locale in cui viene esposta), viene attraversato da persone di cui non sappiamo nulla, casualmente intercettate dalla videocamera mentre camminano lungo un percorso di cui non conosciamo l’inizio e la fine, ma solo un tratto sospeso tra l’andare verso e tornare da. Un solo momento di pochi secondi si mostra come attraverso un microscopio temporale, un ralenti estremo, che lo apre, lo dipana e ne espone ogni attimo donando, grazie al contributo del sonoro, una potente carica drammatica ad ogni micro-movimento. Come sempre Strangis si avvale del sonoro e degli effetti di alterazione del ripreso per incrementare la potenza metaforica degli eventi: al primo livello, sopra descritto, sovrappone più volte la medesima sequenza ma a diverse e progressive velocità di scorrimento, anch’esse dialoganti con il sonoro, autonomo elemento del montaggio… Ma, come sempre nelle opere frutto delle sue più recenti ricerche, ad un approccio formale più o meno minimale equivale una notevole stratificazione di significati: in primo luogo emerge uno dei temi principi della poetica del giovane autore cioè il viaggio o meglio il viaggiare come metafora dell’esistenza… Non conta da dove si parte e verso cosa si va, ecco perché la stazione, luogo di transizione per eccellenza, perché il percorso stesso è la vita ed ogni passo lungo questo itinerario è un momento cruciale altrimenti che l’eventuale traguardo, che invece non si identifica mai, perfino se apparentemente raggiunto, con l’idea che di esso si aveva all’inizio del viaggio. Così un momento come un altro, in cui non accade all’apparenza nulla di significativo, mostra la sua potenza significante.


Come spiega l’autore riferendosi al proprio modo di operare “…Se i linguaggi dell’audiovisione commerciale odierna propongono un numero altissimo di immagini, fenomeni che si avvicendano velocissimi sullo schermo generando un sovraffollamento di informazioni e percezioni, io concentro la mia attenzione su singoli accadimenti, spesso infatti le mie opere constano di una singola inquadratura o di diversi punti di visione del medesimo processo, in ogni caso quasi sempre si tratta di riprese statiche in cui i movimenti di macchina sono minimi o del tutto assenti, in cui il movimento è tutto interno: il contesto ripreso diviene così come il palcoscenico di un teatro o come una fotografia animata in cui il sonoro e le diverse forme di alterazione del ripreso, altrimenti che essere un frustro contorno, svolgono un ruolo strutturale, come elementi autonomi della composizione, fondamentali per la formazione delle metafore che cerco di porre in opera.”


L’evento è realizzato dall’associazione le momo electronique con il patrocinio del MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma) diretto da Simonetta Lux e coordinato da Domenico Scudero.


Da Giovedì 11/12/08 a Giovedì 08/01/09,


aperto dal Lunedì al Sabato ore 10:00 – 20:30


Ufficio stampa: Veronica D’Auria


Videobuco, Via degli Equi n° 6 (San Lorenzo) – Roma –


Tel: 3492304021


e-mail:lemomoelectronique@libero.it


http://www.videobuco.it/






Nicola Bettale & Lino Strangis


Kinetic Skylines




A cura di Elena Agosti

Inaugurazione sabato 12 luglio 2008 ore 19.00






Due interessanti ed attivi artisti italiani under 35 sono colpiti a tal punto dal medesimo evento (un copioso volare di storni) da dedicargli l’uno (Nicola Bettale) una serie di fotografie, l’altro (Lino Strangis) una installazione audiovisiva ambientale, realizzate entrambe nello stesso periodo (inverno 2008), nello stesso luogo (il laghetto dell’Eur a Roma), ma in diversi momenti e con diversi strumenti. Da ciò nasce l’idea di realizzare questa mostra a due che fonde i vari lavori in un unico corpo differenziato, come a formare una super-opera ibrida e globale. Colpisce e si intuisce facilmente che ha colpito molto anche loro, l’eccezionale convergenza di vedute in quelle che sono le motivazioni teoriche delle loro opere, le loro metafore. Ecco come si esprime l’artista/filosofo Lino Strangis per introdurci a questa visione che è condivisa dal fotografo Bettale: “Il più grande errore della cultura occidentale è stato infatti a mio avviso quello di ritenere la razionalità (tipica dell’uomo) superiore al cosiddetto istinto naturale, svalutando ciecamente la sconvolgente funzionalità dei processi vitali di Gaia e del comportamento di tutti i suoi abitanti, agenti di un’intelligenza inter-soggettiva che supera di gran lunga le capacità umane […] Ad un certo punto della storia ci siamo convinti che il nostro punto di vista fosse privilegiato, non rendendoci conto o mancandoci il coraggio di una visione più ampia, di quanto sia invece limitata la nostra percezione del mondo e dei suoi fenomeni!”. Entrambi i giovani autori valorizzano certamente l’aspetto spettacolare dell’evento ma sviluppando in primo luogo un discorso tecnico-formale e teorico di ampio respiro: Strangis, con Sky-noise… Armonie del Caos si avvale di quello che chiama “il super-occhio digitale” (la telecamera) per ottenere, traducendo così le sue posizioni teoriche in metafora audiovisiva, un punto di visione estremamente ravvicinato che ci proietta in una suggestiva e ipnotica dimensione d’immersione nelle traiettorie di volo, dalla quale l’evento appare sostanzialmente caotico, per poi allargarsi in brevi tratti ad ampie visioni d’insieme, “fugaci lampi di conoscenza -dice- in cui il fenomeno si svela” nella sua impressionante precisione. Bettale invece, (su Prove di Volo) lavora in modo complementare, approfondisce la visione di ciò che nell’opera del collega è fugacemente intravisto, proseguendone il discorso: si concentra nel cristallizzare nei suoi scatti frangenti di questo continuo processarsi di forme, preferendo campi visivi molto ampi dai quali emerga evidente la corpulenta plasticità dell’evento. In entrambi i casi inoltre, a sedurre l’attenzione creativa degli artisti, è l’aspetto cinetico-spaziale, oltre che coreografico, del particolare fenomeno soggetto delle opere esposte: “Sentivo fluire in me un andamento euritmico che mi proiettava tra quelle forme mutevoli che in continuazione ridisegnavano l'orizzonte. Nemmeno la mano del pittore più abile sarebbe stata in grado di performare di continuo simili figure, così complesse e pur soavi”- dice Bettale; “lo sfondo monocromatico di quel cielo mi ha permesso di porre in opera un ambiente estremamente performante, continuamente modellato da una così gigantesca mole di movimento […] E’ stato inoltre davvero interessante accorgermi di come e quanto quel formarsi vertiginoso di migliaia di traiettorie nello spazio si prestasse ad acquisire le caratteristiche di una monumentale e ipnotica danza digitale volante che chissà per quanto tempo aveva atteso una musica realizzata apposta per incontrarsi con essa”- si legge tra gli appunti di Strangis. Per quanto concerne l’aspetto prettamente metaforico Bettale si concentra ancora una volta verso l’elemento movimento cercando e trovando un riscontro nell’odierna società, “dove l' aggregazione e la disgregazione -dice- sono all' ordine del giorno. Il mutamento sociale, inteso come fenomeno di cambiamento continuo, si radica nella società, evidenziandone la globale precarietà”. Strangis invece approfondisce in fine l’aspetto funzionale del fenomeno ripreso cioè l’approvvigionamento di cibo, facendone anche un esempio e un monito: “questi uccelli- tuona il giovane autore- si spartiscono in centinaia di migliaia un piccolo pezzo di cielo compiendo un’azione collettiva, solo apparentemente casuale, che risponde invece ad una sottesa e potentissima armonia nell’ambito della quale ognuno di loro trova possibilità d’accesso al sostentamento… Se solo i governi cercassero di prendere esempio da queste bestie certamente molte delle terribili ingiustizie di questo nostro decadente mondo volgerebbero alla fine!”.





L’evento fa parte della mostra “Schio’ d’arti” nell’ambito della Notte Bianca di Schio.





Inaugurazione sabato 12 luglio 2008 ore 19.00


Da sab 12 a dom 20 luglio 2008





Palazzo Fogazzaro


Via Fratelli Pasini 44, Schio (Vicenza)


Tel 349 2304021


mailto:2304021lemomoelectronique@libero.it









Lino Strangis - Self made Curator







A cura di Veronica D’Auria





Mercoledì 18 Giugno ore 18.00-20.00
















D’avanti al Palazzo delle Esposizioni nel giorno dell’inaugurazione della Quadriennale di Roma si svolgerà la mostra/performance di Lino Strangis dall’ironico titolo Self made Curator in cui la curatrice dell’evento diviene performer oltre che opera dell’artista: Veronica D’Auria, firmata in fronte da Strangis, girerà per qualche ora d’avanti al Palaexpo spingendo una carriola da muratore in cui all’interno sarà fruibile ai passanti una nuova versione del video dell’artista Sky-Noise… Armonie del Caos protagonista del work in progress itinerante per gli esercizi commerciali della capitale Video Art Mini Store. Il ruolo della D’Auria sarà quello di mostrare l’opera e presentarla al maggior numero di persone possibile intercettate per strada aprendosi ed esponendosi ad ogni possibile reazione. Ai bordi la carriola presenterà due frasi/insegna, una con il titolo dell’evento e l’altra con il provocatorio testo “Autonomo Salone Mobile”. Oltre che l’occasione di mostrare l’installazione video, la quale si propone come simbolo di tutto l’altro rimasto fuori dalla grande rassegna, l’evento sviluppa diverse stratificazioni di senso nella sua fase prettamente performativa: in primo luogo si assiste ad un interessante capovolgimento dei ruoli tra artista e curatore che è vero e proprio operaio (ecco perché la carriola) dell’artista, che lavora al servizio dell’artista … “Ho sempre pensato che il curatore, come simbolo delle istituzioni, in quanto persona accreditata a monitorare, selezionare e diffondere gli sviluppi dell’arte debba ritornare al ruolo di lavorante e militante, sporcarsi le mani, sudare per gli artisti nei confronti dei quali non deve porsi in posizione di superiorità, bensì essendo orgoglioso di esserne un umile interprete, un assistente, un aiutante.” Da queste posizioni nasce l’idea di mandare una giovane curatrice free-lance con uno strumento di lavoro come la carriola (trasformata per l’occasione in mini spazio espositivo mobile ed autonomo) tramite la quale diffonde l’arte “a mano” d’avanti alla sede di una grande mostra istituzionale. “Non si tratta di una mera azione pubblicitaria né di una contestazione fine a se stessa, ho pensato bensì di realizzare questa mostra mobile/performance in primo luogo perché chi va a visitare la Quadriennale tenga bene a mente che ciò che si fruisce in questo contesto non è e non potrebbe essere la summa della produzione artistica dell’ultimo periodo, che c’è sempre qualcosa di rimasto fuori, escluso perché non colto, non registrato, non ancora digerito, ma che spesso è proprio nel non digerito che risiedono alcuni degli impulsi più vitali”. Strangis pensa, pur senza contestarne l’esistenza ma proponendone una sostanziale riforma, che vi sia sempre un ritardo, uno scarto, una distanza insopportabile tra questo genere di eventi e i reali sviluppi dell’arte e ritiene quindi che, non essendo comunque possibile (perfino se si volesse) colmare interamente e puntualmente questo scarto, sia necessario porre in evidenza la perpetua e imprescindibile possibilità di questo genere di esposizioni di essere altro, esporre altre opere, dare spazio ad altri artisti, altre tendenze, concetti, poetiche, attitudini.













Mercoledì 18 Giugno ore 18.00-20.00













Ufficio stampa Veronica D’Auria






Via Nazionale 194, Roma






lemomoelectronique@libero.it






linostrangis.blogspot.com















Lino Strangis





















Segnali dal pianeta Terra















A cura di Veronica D’Auria





























Inaugurazione giovedì 22 maggio 2008 ore 18.00




































Giovedì 22 Maggio si inaugura presso il Gottardo occupato (Viale Gottardo n°177) il primo degli eventi speciali legati al work in progress di Lino Strangis dal titolo Segnali Viandanti/Video Art Mini-Store.Per questa occasione l’artista sviluppa fino alle estreme conseguenze la poetica alla base di Segnali Viandanti riguardante l’opera d’arte nomade, senza fissa dimora, in cerca di asilo. Lo fa con un’installazione audiovisiva in site specific composta di più parti e preparata partecipando personalmente all’occupazione e trasferendo all’interno dell’ex commissariato del IV Municipio (ora occupazione abitativa) i suoi effetti personali ed il suo piccolo studio multimediale. Così l’aderire stesso dell’artista all’occupazione, trovandosi egli tra l’altro realmente in condizione di emergenza abitativa, viene a far parte dell’opera stessa, della sua genesi e del suo senso.





























Nucleo centrale è l’installazione audiovisiva dal provocatorio titolo La voce degli inascoltabili, per realizzare la quale Strangis ha intervistato alcuni degli occupanti, tra cui egli stesso, riguardo la loro storia, la loro condizione, le loro speranze e paure, le motivazioni della loro lotta, le loro riflessioni circa la miopia di istituzioni e opinione pubblica rispetto alla loro situazione. Successivamente, con l’ausilio di una serie di software di video editing l’artista fa apparire queste persone fisiche come smaterializzate, svanenti, simili a fantasmi, tendenti all’invisibilità ma per lunghi tratti unite in un corpo collettivo che lotta per l’esistenza, resiste alla cancellazione. Il sonoro è invece una complessa sovrapposizione delle voci degli occupanti, registrate volutamente in esterna e perciò disturbate dai suoni della città: italiano, spagnolo, arabo e Quechua si fondono in un brusio in cui le appassionate parole dei protagonisti, le loro richieste di basilari diritti e giustizia sociale si disperdono inesaudite, come dette in lingua aliena, incomprensibile ed inascoltabile pur provenendo dal cuore pulsante del pianeta Terra. “Era mio particolare interesse creare una metafora audiovisiva di ciò che a mio avviso resta di questa realtà dopo che è passata dai filtri del nostro sistema d’informazione: la percezione, strumentalmente alterata, che questo di essa diffonde, la quale influenza negativamente l’opinione pubblica, creando un’ipocrita distanza di linguaggi e lasciando così alle istituzioni la possibilità di mantenere arginata la questione. Tanto che, a giudicare dal modo in cui si crede di risolvere il problema, sembra proprio che si sia ben lontani da un’adeguata comprensione delle motivazioni profonde e quindi da una giusta soluzione… Oggi il dilagante problema della casa si richiama sempre più da vicino ad i guasti strutturali del nostro sistema paese eppure ancora una certa parte della nostra società tenta, con conclamata demagogia, di marginalizzare le occupazioni, cercando di farle passare come una sorta di fenomeno lunare travisandone situazioni e dinamiche reali, le quali restano fondamentalmente incomprese e a volte perfino vessate, come inascoltabili, non legittimabili… Come se la lotta per i diritti appartenesse a qualche altra remota galassia! Certi interessi forti spingono perché determinati linguaggi restino di nicchia, che non giungano nella loro purezza all’opinione pubblica, in quanto sanno bene che se la voce dei diritti conquistasse le masse le conseguenze sarebbero fin troppo destabilizzanti per il sistema di potere che intendono mantenere”.





























Ma l’opera, diffusa nello spazio architettonico del palazzo, sarà composta, oltre che dalla installazione audiovisiva centrale sopra descritta, da una postazione audio in cui le parole degli intervistati saranno invece normalmente comprensibili ad indicare che comunque, se si ha una sincera volontà d’ascolto, in fondo “non è poi così difficile ascoltare e comprendere”.





























Si tratta quindi di un’opera/azione/evento in cui, pur non cedendo in alcun modo alla mera narratività, il vissuto dell’autore e la quanto mai odierna questione sociale vanno a confluire in una metafora potente e rigorosa in cui ognuna delle scelte formali è portatrice di una precisa stratificazione di senso: “di primo acchito i contenuti appaiono nascosti, si può dire che si manifestino proprio nel loro apparire come assenza, ma una volta trovata la chiave di lettura, ogni elemento di questo fenomeno audiovisivo chiarisce il suo senso lasciando comunque aperte le vie di significato e disponendosi così ad accogliere interpretazioni e riflessioni del fruitore”.





























L’evento è realizzato dall’associazione le momo electronique con il patrocinio del MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma) diretto da Simonetta Lux e coordinato da Domenico Scudero.





























Inaugurazione giovedì 22 maggio 2008 ore 18.00





























Fino al 25 maggio ore 16.00/20.00





























Ufficio stampaVeronica D’Auria














Gottardo occupato














Viale Gottardo














349 2304021














lemomoelectronique@libero.it






































































































Lino Strangis















Video Art Mini-Store















A cura di Veronica D’Auria















I tappa alla Farmacia Bardanzellu

Dal 2 al 9 maggio 2008






























































































V. A. M. S. è il nuovo progetto di Public Art in progress di Lino Strangis che prende il via e proseguirà parallelamente a Segnali Viandanti (progetto di medesima natura recentemente lanciato). “E’ mia intenzione portare avanti insieme questi due progetti in quanto ritengo che siano complementari”: in entrambi i casi si tratta di quelle che Strangis chiama “Installazioni minime” le quali vanno a costituire un’opera/progetto “progressiva e pluricellulare” ma, mentre in Segnali Viandanti ci si concentra sul fattore occupazione di suolo pubblico, in Video Art Mini-Store caratteristica peculiare è l’accordo con esercizi privati dei più diversi generi. “Mi piace il fatto che la gente trovi l’arte contemporanea non, come al solito, nelle gallerie o nei musei e nemmeno in spazi diversi ma preparati apposta, bensì inaspettatamente, dal parrucchiere, dal macellaio, dal farmacista, in quei luoghi e quelle circostanze quotidiane in cui spesso si è costretti ad attendere, fare la fila, ammazzare il tempo in qualche modo”. Ancora una volta si parte da Roma e il primo esercizio ad aderire al progetto sarà la Farmacia Bardanzellu (in via G. B. Bardanzellu 75), poi si proseguirà facendo tappa in altri esercizi della capitale e successivamente in altre città. L’idea di fondo è quella di porre in questi luoghi dell’attesa, dove si crea nelle persone una senza dubbio maggiore disposizione alla fruizione, delle installazioni audiovisive realizzate a partire da riprese di eventi quotidiani della città ai quali di solito, presi nel turbine della metropoli odierna, non si riesce a dedicare la giusta attenzione. Protagonista del tour romano sarà l’installazione audiovisiva monocanale dal titolo Sky-Noise… Armonie del caos realizzata dall’artista elaborando creativamente con i software la ripresa di un fenomeno naturale molto particolare al quale si può assistere proprio nel pieno della città. Agenti di questo fenomeno sono stormi di rondini impegnate nell’approvvigionamento del cibo sul venire della sera nella zona del laghetto dell’Eur: “da tempo passando di lì avevo notato che un numero sterminato di volatili solcava il cielo compiendo spettacolari coreografie che restavo ad ammirare per lungo tempo, ma mi accorgevo che ciò che si riusciva a scorgere dalla strada non era che una piccola parte dello spettacolo completo, sempre nascosto dai palazzi, così ho deciso di avventurarmi nella collinetta verde sopra il lago e facendomi strada nel guano sono riuscito a raggiungere l’epicentro del fenomeno”. In primo luogo quindi Strangis pone in opera un punto di vista ravvicinato sull’evento non solo in quanto si cimenta in una sessione di trekking per mostrarci da vicino un fenomeno quotidianamente scorto altrimenti solo in lontananza ma anche in quanto grazie all’utilizzo dello zoom ci viene proposta una visione interna del fenomeno simile a quella che si avrebbe trovandosi in aria nel bel mezzo delle traiettorie di volo delle rondini. Ma oltre a rendere visibili aspetti di un fenomeno altrimenti inaccessibili all’occhio umano, riaprendo l’atavica questione riguardo la percepibilità dei fenomeni naturali, l’opera sviluppa sul piano metaforico una pungente questione sociale che l’autore ci racconta come segue: “sono convinto che la natura detenga la più alta forma di intelligenza, che dall’analisi dei fenomeni naturali l’uomo possa prendere esempio per trovare una via risolutiva delle diverse questioni che lo riguardano, questi uccelli ad esempio si spartiscono in centinaia di migliaia un piccolo pezzo di cielo compiendo una danza apparentemente caotica che nasconde invece una sottesa armonia nell’ambito della quale ognuna di loro trova sostentamento. Dalla riflessione su questo fenomeno è partito in automatico il parallelo con la soprapopolazione e le conseguenti difficoltà rispetto alla possibilità di sostentamento globale”… Com’è noto le ricchezze del mondo sono distribuite in maniera disarmonica e del tutto sbilanciata, ciò è causa e conseguenza al tempo stesso della estrema povertà di alcune zone del globo e della sproporzionata ricchezza di altre. Ma, se anche con le ovvie difficoltà, se sostenuta da una volontà collettiva, una maggiore armonia è possibile e questa danza volante, oltre ad essere uno spettacolare fenomeno audiovisivo, diviene prova concreta di questa possibilità, oltre che esempio e monito.L’evento è realizzato dall’associazione le momo electronique con il patrocinio del MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma) diretto da Simonetta Lux e coordinato da Domenico Scudero.




























































































Da Ven 2 a Ven 9 Maggio ore 8:30 – 13:00 16:30 – 20:00 (Dom 4 solo mattina)





























































Ufficio stampaVeronica D’Auria





























































Farmacia Bardanzellu






























Via Giovanni Battista Bardanzellu 75, Roma






























Tel 349 2304021






























lemomoelectronique@libero.it






























































































Lino Strangis





























































































































Auto-Poiesis Activity































































A cura di Veronica D’Auria





























































































Inaugurazione Martedì 1 Aprile 2008 ore 17:30































dall' 01 - 07 aprile 2008


































































Parte da Roma Segnali viandanti, nuovo progetto Public Art del giovane artista Lino Strangis costituito -come scrive l’autore- “da una serie di installazioni audiovisive minime e itineranti” da considerarsi come un’unica opera processuale e pluricellulare sparsa nel tempo e per gli spazi verdi delle città”. Particolarità di queste installazioni è quella di essere poste all’aperto, in luoghi di pubblico passaggio, all’interno di una tenda canadese da tre posti. Questa modalità d’installazione, sperimentata già in precedenza da Strangis, acquisisce nell’ambito di questo progetto ulteriori e più calzanti stratificazioni di senso: prima di tutto si approfondisce il concetto di “opera d’arte mobile, nomade, senza fissa dimora”, in secondo luogo va a costituirsi un’intrigante fusione di contenitore e contenuto, rendendo “la struttura architettonica che ospita l’opera parte integrante dell’opera stessa”, in cui il fruitore entra letteralmente e da cui viene “accolto”. All’interno della tenda si troveranno un’installazione audiovisiva monocanale e una serie di stills. Alcune di queste installazioni saranno in site specific in quanto i video ad esse relativi sono legati strettamente ai luoghi in cui si espongono al pubblico. Nel caso di questo primo “accampamento” infatti “i segnali viandanti sono fruibili proprio nel luogo esatto in cui ho assorbito l’ecosistema audiovisivo da cui li ho realizzati, ma in tutto ciò, la cosa paradossale, è che stando all’interno della tenda, se anche si è nello stesso luogo, si vive una dimensione spazio-temporale del tutto diversa”.

























“Questo accampamento nasce clandestino, senza permesso” e trova asilo temporaneo negli spazi (all’aperto) del Cantiere Sociale Tiburtino deCOLLIamo (in via degli Alberini, a Colli Aniene, Roma) il quale, fin dalla sua fondazione si trova al centro di molte attenzioni in quanto “sorto” -spiega l’artista- “da una libero atto di riconversione di uno spazio pubblico inutilizzato in un centro polivalente di servizi al quartiere”… Per Strangis installare in questo sito il suo accampamento ha un senso molto particolare in quanto sfaccettato e controverso: appare evidente la forte componente politica dell’azione, che è una vera e propria adesione di un’opera d’arte e del suo autore all’occupazione di suolo pubblico (altrimenti chiuso) in queste ore in corso e sotto il pericolo di sgombero. “E’ insomma un accampamento abusivo, come la mia opera […] sento fortemente che c’è una analogia tra il senso della mia azione installativa (quindi della mia opera) e quello dell’azione permanente a cui si partecipa svolgendo le proprie attività in questo luogo o assistendovi”.

























Ancor più mirato è il piano metaforico dell’installazione video scelta per questa prima tappa dal titolo Auto-Poiesis Activity, la quale ponendo in forma audiovisiva il principio biologico dell’autopoiesi come ciò che accomuna atomi, cellule, organi del corpo ed ecosistemi (vedi Maturana e Varela), riassumibile (semplificando) nell’autoproduzione e autorganizzazione dei sistemi viventi tramite un continuo processo di scambio che ne muta la struttura ma non l’identità, si ricollega metaforicamente alla natura degli spazi (come il cantiere tiburtino) aperti all’interazione ed allo scambio con la popolazione: “proprio come nel corso delle attività nell’esistenza degli enti questi lasciando tracce di sé, vanno mutando l’ambiente da cui sono al contempo mutati, così accade nella struttura del cantiere sociale, organismo continuamente mutato dalle iniziative che accoglie”. Strangis riprende una performer nel pieno di una quotidiana esercitazione di giocoleria che interpreta come “danza indotta” (rifacendosi ancora una volta all’autopoiesi che esclude ogni finalismo nelle attività degli organismi) in quanto i movimenti del corpo nello spazio/ambiente non sono fini ad essi stessi, pensati direttamente per la danza, ma conseguiti dall’intento di muovere nello spazio un corpo altro che diviene protesi, prolungamento del corpo nella spazialità… Lavorando con i software pone nel medesimo riquadro frammenti temporali della particolare attività coreografica ottenendo un effetto di moltiplicazione di tracce corporali nello spazio-tempo, le quali mutano al contempo continuamente il corpo della performer e l’ambiente stesso rendendo nel linguaggio dell’audiovisione il processo autopoietico. Il tutto proseguendo il lavoro di ricerca (caposaldo della sua poetica) riguardo alla creazione di “metafore concrete dei processi di esistenza”.

























La mostra è realizzata con il patrocinio del MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma).

























Inaugurazione Martedì 1 Aprile 2008 ore 17:30












01 - 7 aprile 2008

























Cantiere Sociale Tiburtino deCOLLIamo












Via degli Alberini, Roma












mailto:AlberiniRomalemomoelectronique@libero.it



















































2007



























Presenze video-soniche



























Mostra di arti elettroniche al Castello della Cervelletta



























A cura di Veronica D'Auria


























Inaugurazione sabato 02 giugno 2007













ore 18:00


























dal 02 al 07 giugno 2007


























Saranno esposte le opere di:













Nicola Bettale, Robert Cahen, ELASTIC Group Of Artistic Research, Cristiano Ramunno, Laura Santamaria, Lino Strangis, Studio Azzurro



























In occasione dell’evento verrà presentato il video trailer di PYCTA, spettacolo multimediale di ALTROEQUIPE









































Presenze video-soniche, collettiva di arti elettroniche al Castello della Cervelletta in Roma, è un evento ideato con l’intento di realizzare uno spazio collettivo in cui le opere di giovani artisti si incontrano e co-abitano con quelle di alcuni tra i maestri più affermati al mondo. L’idea di allestire gli spazi del castello intende concretamente unire il dirottamento dell’arte dai luoghi ufficiali con la rivalutazione del territorio e dei beni culturali, per così dire “decentralizzati”, lontani dai percorsi “turistici”. Non solo quindi si porta l’arte nelle “periferie”, ma si tenta di spostare, quantomeno saltuariamente, l’interesse del mondo della cultura al di fuori del circuito tradizionale e quindi dalle zone urbane in cui questo agisce. Altra caratteristica di questa manifestazione è quella di essere ideata e realizzata da giovani studenti del corso di studi per curatori di eventi artistici e culturali dell’Università “La Sapienza” di Roma.



























Il riferimento alla dimensione spettrale del castello, come infestato da fantasmi, non intende solo rifarsi al mondo fiabesco, ma tenta di fare di questo background popolare un “pretesto retorico” per porre in evidenza la particolare alterità congenita alle audio-visioni di cui la mostra si costituisce: non semplicemente un qualcosa di astratto, un che di estraneo che va ad aggiungersi, giustapporsi al mondo, bensì apparizioni di invisibili e inaudibili “presenze” nascoste nel/dal mondo stesso. Il castello diviene così luogo di non luoghi rivelatori dell’essenza nascosta di tutte le cose, ambiente, terra di mezzo tra il mondo e l’oltre del mondo, l’ordinario e lo straordinario celato nell’ordinario stesso. Le opere di questi artisti, pur diversificandosi tra loro nei presupposti teorici come nelle modalità di realizzazione e quindi d’interpretazione dei dispositivi elettronici, hanno in comune la caratteristica di far emergere e porre in audio-visione processi altrimenti inaccessibili, in cui a svelarsi non è solo la natura dei dispositivi ma la natura stessa, i suoi processi di continua formazione ed i meccanismi della percezione. Basti pensare alla motilità dei paesaggi nelle visioni viandanti di Cahen.



























Inaugureranno l’evento: Silvio Di Francia (Ass. alle Politiche Culturali), Dante Pomponi (Ass. alle Politiche per le Periferie, lo Sviluppo Locale e il Lavoro), Ivano Caradonna (Presidente del V Municipio), Massimiliano Marcucci (Delegato alla Cultura e allo Sport del V Municipio), Marco Piccozza (Delegato alla semplificazione amministrativa del V Municipio)



























L’evento è stato ideato e realizzato dal gruppo Le momo electronique in collaborazione con l’Ass. Boccaleone, con il patrocinio del MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea) dell’Università “La Sapienza” di Roma, diretto da Simonetta Lux e coordinato da Domenico Scudero, del V Municipio, dell’Assessorato alle Politiche Culturali e di quello alle Politiche per le Periferie, lo Sviluppo Locale e il Lavoro del Comune di Roma.



























Inaugurazione sabato 2 giugno 2007 ore 18.00













2 - 7 giugno 2007













Castello della Cervelletta,













Via della Cervelletta n°100155 Roma













presenzevideo-soniche@lemomoelectronique.com













http://www.lemomoelectronique.com/























































2006















give Me Two Times



























Video d'arte e nuove ricerche



























A cura di Giorgia Calò



























9 -28 febbraio 2006



























Artisti in mostra: Giorgia Accorsi, Marco Amorini, Ivan Barlafante, Elastic Group of Artistic Research, Mariana Ferratto, Richard Journo, César Meneghetti, Claudia Quintieri, Lino Strangis



























Giovedì 9 febbraio 2006, presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma “La Sapienza”, verrà inaugurata la mostra collettiva dedicata alla videoarte Give Me Two Times. Video d’arte e nuove ricerche, a cura di Giorgia Calò. La manifestazione presenta i lavori realizzati da dieci giovani autori che hanno già partecipato a importanti mostre personali e collettive, nel tentativo di tracciare il percorso evolutivo che ha reso la videoarte una delle espressioni artistiche di maggiore interesse negli ultimi decenni. All’interno delle due sale espositive del Museo Laboratorio verranno esposti lavori video, fotografie (still da video) ed installazioni: nuove ricerche e diverse forme d’arte mediante le quali gli artisti definiscono ciascuno un’immagine del tempo, indagandone i diversi modi di percezione dentro e fuori la città, dentro e fuori il corpo umano. Quindi un tempo non più oggettivo ma arbitrario ed interpretabile così come la città, diversa secondo chi la guarda, di chi ci vive. Le zoommate come le accelerazioni, i rallentamenti come i salti temporali rendono i video uno dei mezzi più esplicativi nella ricerca e nell’interpretazione di un tempo “altro”, manipolato ed elaborato dallo stesso mezzo di comunicazione di massa, il video appunto, capace di affiancare alla sua mancanza di continuità spaziale la simultaneità temporale. Nella prima sezione cinque artisti presentano lavori video dedicati al tempo interiore come viaggio introspettivo nei luoghi della memoria. La seconda sezione è invece indirizzata al tempo che scorre nella città, con i suoi spazi e i suoi abitanti, dando vita ad un trip urbano che finisce inevitabilmente nel ricongiungersi col tempo “umano”. Il rapporto uomo/città non lascia più spazio a definizioni temporali o territoriali e convince gli artisti ad indagare l’ambigua fusione riprendendola da diversi punti di vista. In occasione dell’inaugurazione, dalle ore 19:30, verranno realizzate due performance, ideate rispettivamente da Marco Amorini (danzatrice: Paola Campagna, trombone dal vivo: Giancarlo Schiaffini) e da Claudia Quintieri (danzatrice: Daniela Ciotola). Il corpo virtuale (il video) e il corpo reale (la danzatrice) in un vano tentativo di sincronicità, si cercano e si inseguono reciprocamente dando vita ad un tempo sfasato. In occasione della mostra verrà distribuito un pieghevole con le schede dei video proiettati.



























La mostra fa parte della programmazione Laboratorio, realizzato da Domenico Scudero, con il contributo della Regione Lazio per la ricerca “Applicazione nuove tecnologie multimediali arte contemporanea”, diretta da Simonetta Lux.



























MLAC













Lun – Ven ore 10:00 – 19:30













9-28 febbraio 2006













Direttore: Simonetta Lux













Curatore: Domenico Scudero



























































2005

























































Lino Strangis










































Passaggi di stato










































a cura di Simonetta Lux










































Inaugurazione mercoledì 21 settembre 2005 ore 18:30










































MLAC - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea




























Interverrà il Rettore Renato Guarini



























































Mercoledì 21 settembre alle ore 18:30 nella terrazza e negli spazi del MLAC, Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma “La Sapienza” sarà inaugurata la nuova stagione espositiva 2005-2006 con la mostra personale di Lino Strangis, Passaggi di stato per la cura di Simonetta Lux, in presenza del Rettore dell'Università, prof. Renato Guarini.




























L’evento aprirà il ciclo Progetto giovani “Get up fast! cab” realizzato da Domenico Scudero, volto a promuovere e monitorare l’attività creativa di giovani artisti.










































Lino Strangis, giovane artista residente a Roma, realizza per questa sua prima mostra un percorso multimediale che si costituisce di due installazioni sonore e di tre installazioni video, di cui una all’interno di una tenda canadese posta sulla terrazza del MLAC.










































Fin dall’ingresso del museo, l’artista lascia delle tracce sul pavimento come collegamento fra le parti. Sono frammenti di eventi trovati, suoni e visioni proiettati in loop e seminati su di un percorso imprevisto, un iter tratteggiato che l’avventore è chiamato a perseguire, spinto da un’infantile curiosità. Si tratta di un sentiero multimediale, composto di elementi interdipendenti ed autonomi allo stesso tempo.










































Se i frammenti di video sono presenze “fisiche” che disegnano la geografia del percorso, i suoni sono da intendersi come presenze di spiriti che lo popolano, diffondendosi invisibilmente nell’ambiente.










































Come spiega l’artisa: “Ogni suono è un’energia, un carattere intrinseco di quella ‘vegetazione’ (tecnologica) che si va attraversando”.




























Si tratta di sperimentazioni sound-art di Lino Strangis e del gruppo Smoker Mu (di cui fanno parte oltre l’artista i polistrumentisti Cristiano Ramunno e Stefano Petucco) da poco divenuto promoter della nuova sezione sperimentale del Teatro Stabile di Ostia antica.




























In occasione dell’inaugurazione, alle ore 19:30 si terrà una performance multimediale omonima, ideata da Strangis e Smoker mu, con la partecipazione ed il supporto tecnico di Cristiano Ramunno (Scenografo del Teatro Stabile di Ostia Antica) ed il contributo di Corrado Croce (direttore artistico dello stesso teatro).




























Si tratta prima di tutto di una cerimonia, un rito di passaggio, dove vengono ricercati gli esiti ed i modi più arcaici del suono, utilizzando strumenti tecnologici e strumenti arcaici come percussioni e flauti. Ne risulta un tribalismo tecnologico il cui suono prodotto sembra fuori dal tempo e sganciato da ogni legame con la musica di tradizione occidentale.




























La mostra è realizzata nella programmazione del ciclo Progetto giovani “Get up fast! cab” ideato da Domenico Scudero, con il contributo della Regione Lazio per la ricerca “Applicazione nuove tecnologie multimediali arte contemporanea”, diretta da Simonetta Lux.




























Lun – Ven ore 10:00 – 19:30




























21-30 settembre 2005











































MLAC

















Direttore: Simonetta Lux

















Curatore: Domenico Scudero

















Ufficio stampa: Giorgia Calò

















M L A C - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea

















Università di Roma "La Sapienza"

















Piazzale Aldo Moro 5 - 00185 Roma, Italia

















Tel. +39.06.49910653








Fax +39.06.49910365
























Press-office: Giorgia Calò














































ARTE PER TUTTI









MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI


















Biblioteca Universitaria Alessandrina








Università di Roma “La Sapienza”


























VII SETTIMANA DELLA CULTURA



























ARTE PER TUTTI
















Biblioteca Universitaria Alessandrina - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
















inaugurazione 17 maggio 2005 ore 17:00
















Il 17 maggio 2005 presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università di Roma “La Sapienza”, e nella Biblioteca Universitaria Alessandrina, verrà ospitato l’evento Arte per tutti su progetto e cura di Simonetta Lux (Direttore del Museo Laboratorio Arte Contemporanea), Maria Concetta Petrollo Pagliarani (Direttrice della Biblioteca Universitaria Universitaria Alessandrina) e Domenico Scudero (Curatore del Museo Laboratorio Arte Contemporanea). Arte per tutti è una manifestazione realizzata in occasione della VII Settimana della Cultura, atta ad indagare il legame tra arte figurativa, nuovi linguaggi video, poesia e produzione editoriale. In questa occasione le due istituzioni sottolineano la sincronia fra le differenti forme di espressione artistica e la complementarietà fra le nuove ricerche e le ultime tecnologie. In mostra presso gli spazi della Biblioteca Universitaria Alessandrina opere di Video arte e di Computer art degli archivi del MLAC, alcune fra le più significative produzioni editoriali del MLAC affiancate a documenti storici di proprietà della Biblioteca. La mostra prevede due installazioni in sito, Liuba e Uemon Ikeda, che realizzeranno i propri lavori negli spazi comuni presso l’Università.


















Alle 19:30 la mostra prevede l’intervento di azioni poetiche con la partecipazione di rilevanti presenze del mondo della cultura contemporanea italiana.




































Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Museo Laboratorio Arte Contemporanea


















Biblioteca Universitaria Alessandrina, Ministero per i Beni e le Attività Culturali


















Regione Lazio per le ricerche in “Applicazione nuove tecnologie multimediali arte contemporanea”




































17 – 24 maggio 2005 ore 10:00 – 19:00




































Programma




































Ore 17:00 - Biblioteca Alessandrina, sala espositiva e corridoi




































CLASSIC COMPUTER ART – Opere di computer art dagli archivi del MLACGeorge Barber, Simon Biggs, John Butler, Peter Callas, Ida Gerosa.




































NEWS VIDEO – Nuove opere video del MLACKatia Bassanini, Sukran Moral, Roberto Perciballi, Carlo Michele Schirinzi, Lino Strangis, Roma Tearne.




































EVENTI PER VOCE IMMAGINI E VIDEO


















Bellezza, Caproni, Corso, Ferlinghetti, Giuliani, Pagliarani, Sanguineti Spatola, Rosselli, Zeichen.




































MOSTRA BIBLIOGRAFICA DI EDIZIONI E CATALOGHI D’ARTE


















Volumi curati dal Museo Laboratorio di Arte Contemporanea; rivista “Luxflux proto-type arte contemporanea”, Gangemi editore, materiali degli archivi Biblioteca Alessandrina e siti web del MLAC e della Biblioteca.




































Ore 19:30 Ingresso Biblioteca Alessandrina e terrazza del Rettorato




































INSTALLAZIONI:


















Liuba, Ikeda Uemon.




































LETTURE DI POETI CONTEMPORANEI:


















Mariano Baino, Nanni Balestrini, Carlo Bordini, Franco Buffoni, Maria Grazia Calandrone, Marco Caporali, Mario Desiati, Lorenzo Durante, Essezetaatona, Paola Febbraro, Florinda Fusco, Marco Giovenale, Jolanda Insana, Rosaria Lo Russo, Giovanna Marmo, Giulio Marzaioli, Vincenzo Ostuni, Tommaso Ottonieri, Laura Pugno, Lidia Riviello, Gianna Sarra, Sara Ventroni.




































Ufficio stampa






















































MLAC Museo Laboratorio Arte Contemporanea – Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma


















tel – fax + 39 -06-49910365http://www.mlac.it/muslab@uniroma1.it


















Biblioteca Universitaria Alessandrina – Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma


















tel + 39-06-4474021 – fax + 39-06-44740222 – direzione + 39-06-4912029